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Dalle origini alla prima colonizzazione  agricola

                                         

Bagheria (Baaria) viene elevata a  rango di comune autonomo il 21 settembre 1826 ma questo non vuol dire che la sua storia non sia più antica. Già l’analisi dell’origine del nome ci dice molto. Le tesi sostenute sono varie e discordanti e ci rimandano ora al termine fenico Bayharia (zona che discende verso il mare) ora all’espressione araba Bab-el- gherid, ovvero “porta del vento”. Per altre fonti, i musulmani usavano il toponimo Bahariah per indicare il litorale che da Capo Zafferano va al porto di Palermo attestandone il significato di “ costa” (regione marittima). Etimologia a parte, la presenza umana, in questo territorio, in età arcaica  è testimoniata dai numerosi significativi reperti archeologici che sono stati rinvenuti a Pizzo Cannita e Monte Porcara. Per secoli, poi,  le sue sorti seguirono le vicende storico-economiche della città di Solunto fondata secondo Tucidide sul Monte Catalfano nel VII sec. a.C.  Dopo la crisi e susseguente abbandono di Solunto  i terreni non più coltivati ritornarono ad essere un bosco intricato di folta vegetazione come attestano documenti di età normanna che  parlano di” Foresta della Bacharia” o “ della Baharia”. Dal Quattrocento in poi, Il bosco viene bonificato, arato e trasformato con duro lavoro in vigneti ed uliveti; si intensifica la coltivazione di cereali ed ortaggi;sulle sponde del fiume Eleuterio viene impiantata la coltivazione estensiva della canna da zucchero che si rivelerà un’attività molto redditizia. Comincia così la colonizzazione rurale della Bagaria che nel frattempo era entrata a far parte della ricca Baronia di Solanto. A testimonianza di questa vivace attività agricola troviamo resti di antiche masserie (Case Monaco, Case Traina) nonché numerose torri con baglio (Baglio Lorenzo, Torre Compagnone, Parisi, Baglio Incorvino). Molte delle torri sorte con la funzione di difesa delle aree agricole sono state  inglobate all’interno dell’abitato urbano (Torre Ferrante, Torre Roccaforte). Altri baglii con torre saranno successivamente trasformate in ville signorili.

 

Naturale luogo vocato all’amena villeggiatura degli aristocratici

 

Territorio fertile dolcemente degradante verso il mare con magnifica vista ad ovest sul Golfo di Palermo e ad est su quello di Termini, protetto dal complesso montuoso di Monte Catalfano, da Monte Giancaldo , Consona e Porcara; soleggiato ma non afoso, abbondante di acque irrigue, fu scelto dalla seconda metà del Seicento quale luogo di villeggiatura dalle famiglie aristocratiche più in vista del tempo. Inizia nel 1658 Don Giuseppe Branciforti, conte di Raccuglia, che avendo acquistato una masseria con molti terreni in loco e  deciso per motivi politici e personali, di lasciare la corte palermitana, si fa costruire una “casena” di foggia ancora medievale (corpo centrale con due torri merlate).   Ben presto altri nobili seguiranno il suo esempio e per tutto il Settecento  la piana di Bagheria sarà un cantiere aperto. Le ville bagheresi sono state progettate dai più insigni architetti dell’epoca (P. Tommaso Napoli, N: Palma, A.Giganti e V. Marvuglia). Per la costruzione e decorazione è stata usata la Pietra d’Aspra (tufo). Tutte   erano circondate da magnifici parchi ed orti coltivati, oggi andati purtroppo  perduti.  Si può visitare Palazzo Butera ( attualmente sede di rappresentanza del Comune), la più antica villa. Altra villa visitabile è Villa Palagonia, la villa dei “Mostri” da secoli attrazione principale del posto. Oltre ai tanti bizzarri personaggi in tufo posti sulle cime delle case delle corti della villa, si possono ammirare gli affreschi delle “Fatiche di Ercole” e il salone degli specchi.  Villa Cattolica, una massiccia ma elegante costruzione barocca sorta sulle strutture di una preesistente masseria  fortificata, è oggi sede del Museo Renato Guttuso . Qui si può,anche visitare il Museo del Carretto e l’esposizione permanente dedicata all’Arte Cinematografica (ampia collezione di manifesti di film). Sede della Biblioteca Comunale nonché del laboratorio di Sperimentazione LUM e di una branca del DAMS di Palermo, Palazzo Cutò è l’unica villa in cui lo scalone d’accesso al piano nobile è all’interno ed è riconoscibile da lontano per la sua antana (una specie di loggione). Villa Valguarnera, la più fastosa ed affascinante, con la sua ampia corte circolare, le terrazze, lo scalone scenografico, i coffe-house, le belle statue a coronamento del prospetto, i giardini e la pittoresca Montagnola,essendo privata , non sempre è visitabile. Tra le altre ville degne di menzione sono Palazzo Larderia ( la “Batia”  ) con la sua particolare pianta stellare; Palazzo Inguggiato con i suoi prospetti ricchi di decorazioni baroccheggianti.  Di Villa San Cataldo si sta cercando di valorizzare il parco interno, uno dei rari esempi di giardino storico neoclassico rimasti nell’Isola. La Certosa , nota un tempo per le statue di  cera di famosi personaggi e recentemente restaurata, ospita il Museo del Giocatolo e delle Cere

 

Bagheria operosa ed ingegnosa tra  il Novecento a l’Ottocento

 

Lo stemma del gonfalone di Bagheria  riporta da un lato un leone rampante con un vessillo, un chiaro tributo alla famiglia Branciforti sul cui fastigio campeggia tale immagine e dall’altra parte una pianta di vite, evidente richiamo all’operosità dei suoi primi abitanti che prosperarono coltivandola e commerciando buon vino. Questo trend continuerà a crescere fino a quando la filossera distruggerà gran parte dei vigneti gettando sul lastrico tante famiglie.  Ma gli operosi baharioti per scacciare la disoccupazione, la miseria e la prospettiva dell’emigrazione riconvertirono le terre in ortaggi che vendevano alle tante industrie di conserve alimentari sorte già dal 1857 per merito del piglio imprenditoriale di Giuseppe Verdone.  Ove, invece, fu possibile reperibile  abbondante acqua per usi irrigui, si iniziò la piantumazione di agrumi, in special modo di limoni. Gli agrumeti, per decenni, hanno fatto la fortuna degli agricoltori bagheresi. Buona parte degli ingenti capitali accumulati con le massicce esportazioni di limoni bagheresi,  furono investiti nella meccanizzazione delle tecniche di estrazione dell’acqua.  A partire dal 1890 il paesaggio si modificò: le norie (senie) che, dalla dominazione araba erano il fulcro del sistema di captazione dell’acqua, vennero sostituite da impianti idraulici azionati da macchine a vapore. Ben presto i castelletti, le torri degli impianti incominciano a svettare nelle contrade di campagna distribuendo d’estate, giorno e notte, ingenti quantità di zappe d’acqua all’ora attingendo sia a pozzi locali ma anche (dal 1925) alla condotta dell’acqua della “Chiana” (dal Lago di Piana degli Albanesi) gestita, per anni, dal Consorzio  Idro-Agricolo.   I castelletti rimasti (i resti di alcuni sono visibili anche all’interno del centro abitato), la memoria storica dei braccianti anziani e i pochi magazzini di commercializzazione dei limoni ancora attivi rappresentano, il ricordo del glorioso passato dell’agrumicoltura bagherese entrata in crisi alla fine degli anni Sessanta del Novecento per la spietata concorrenza di altri paesi mediterranei.  Le  cave di tufo, dette “Pirriere” garantirono, per secoli, lavoro stabile a migliaia di addetti che prima svolgevano l’attività nelle gallerie sotterranee e poi in cave a cielo aperto. Attive fino gli anni 50, dalle pirriere si è ricavata la pietra d’intaglio per costruire e decorare le ville, le chiese ma, anche, le palazzine  stile Liberty dei ricchi borghesi che si affacciano sui corsi principali del paese. Una volta dismesse furono riutilizzate per la coltivazione degli agrumi.  Bagheria,per decenni, è stata rinomata pure per l’artigianato del carretto. Da semplice mezzo di trasporto, dall’Ottocento, grazie alla perizia e all’ingegnosità di varie maestranze (carradori, intagliatori, fabbri) e alla bravura  tecnica, compositiva e pittorica dei maestri pittori come i Ducato, il carretto siciliano, nel complesso, è diventato una pregevole opera d’arte.   

 

Bagheria  oggi

 

 Attualmente l’economia bagherese si fonda principalmente sul Terziario, in particolare, molto vivace ed attivo è il settore della buona ristorazione. A Bagheria, infatti si mangia molto bene. Nel tempo sono sorte molte trattorie e ristoranti (anche stellati) dove si  possono gustare anche i piatti tipici tradizionali.  Il cibo da strada ( il Food Street) è molto diffuso e in tutte le rosticceria si possono gustate rinomate prelibatezze come panelle, cazzilli, arancine, pani cà meusa e così via. Non mancano antiche focaccerie dove si possono apprezzare gustose vastedde cà ricotta, In molti forni (anche a legna) si possono acquistare invitanti moffolette e sfincioni (anche nella  variante sfioncionello).  Prodotto tipico delle feste natalizie , lo sfincione bagherese completamente differente da quello palermitano. In suo onore a dicembre si tiene una sagra.  Un’altra sagra che appaga il palato è quella della sfincia di San Giuseppe), tipico dolce della festa primaverile di San Giuseppe,santo patrono del paese.  Nelle vicina frazione di  Aspra,antico borgo marinaro, dal Dopoguerra, un’attività tradizionale, quella della conservazione del pesce (acciughe e sarde) , si è trasformata in una realtà imprenditoriale di notevole rilevanza. Ad Aspra si può visitare il Museo delle acciughe.

 

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